Con le spinte che da tempo stanno mettendo fortemente in discussione questi dispositivi, soprattutto in relazione alla loro matrice nazionale e coloniale, spesso oscurata o invisibilizzata (si vedano i recenti casi delle contestazioni nello spazio pubblico di Black Lives Matter e altre associazioni e gruppi, anche in Italia).
L’esame verrà svolto in forma orale. Considero l’esame stesso parte dell’esperienza formativa, non staccata dal corso. Per me hanno entrambi come obiettivo innanzitutto l’acquisizione di coscienza, autonomia e senso critico da parte delle studentesse e degli studenti, nell’auspicio che l’esperienza formativa che vivremo in aula sarà lo spazio di possibilità più radicale. Quindi, così come il corso, anche l’esame non sarà “scolastico”. Se il corso intende fornire i concetti e gli strumenti (la cassetta degli attrezzi) per pensare e guardare dal punto di vista dell’antropologia, l’esame è il momento in cui lo studente e la studentessa sono chiamatx a utilizzare quegli strumenti, dopo averli fatti propri attraverso lo studio. Dunque verrà chiesto alle studentesse e agli studenti di portare all’esame un proprio percorso di approfondimento a partire dai testi e dagli argomenti del corso, applicando gli strumenti appresi, nell’analisi di un oggetto di studio a loro scelta. Questo perché intendo lo studio prima di tutto come un atto di responsabilità e di scelta dello studente e della studentessa, (auspicabilmente) un’esperienza condivisa di piacere, proprio perché porta all’esercizio della propria coscienza e del proprio senso critico, in una profonda reciprocità fra tutte le persone che fanno parte del gioco, compresa la docente. Tutto il corso (compresa la scelta dei testi d’esame) è volto a sollecitare la responsabilità di scegliere, da parte di ciascunx. Nella convinzione che, come scrive bell hooks in Insegnare a trasgredire:
“l’insegnamento è un atto performativo. Ed è l’aspetto del nostro lavoro che dà spazio al cambiamento, all’invenzione, ai mutamenti spontanei. Per abbracciare l’aspetto performativo dell’insegnamento, siamo costretti a considerare la questione della reciprocità. (…) La mia voce si aggiunge alla richiesta collettiva di rinnovamento e svecchiamento delle nostre pratiche di insegnamento, esortando tutte e tutti noi ad aprire le nostre menti e i nostri cuori, in modo da sviluppare una conoscenza che vada al di là dei confini di ciò che è considerato accettabile. Celebro l’insegnamento che rende possibili le trasgressioni – un movimento contro e oltre i confini – per poter pensare, ripensare e creare nuove visioni. È quel movimento che rende l’educazione la pratica delle libertà."
Per la BIBLIOGRAFIA dell'esame consultare il powerpoint di presentazione del corso oppure contattarmi via mail.
CORSO DI ANTROPOLOGIA DELL'ARTE - BIENNIO
Decolonizzare il museo
Frame del film Black Panther di Ryan Coogler, 2018.
Antropologia e arte si sono incontrate per la prima volta negli anni ’20 e ’30 del Novecento, sulle pagine della rivista Documents, una delle sperimentazioni più interessanti del Surrealismo Etnografico, il movimento di artisti surrealisti e antropologi “eretici”, sviluppatosi a Parigi in quegli anni. Questo è il punto di partenza, a partire dal quale ragionare insieme sulle possibili traiettorie in comune di arte e antropologia nel contemporaneo. Dunque il corso dovrebbe chiamarsi “Antropologia E arti contemporanee”, dal momento che alcune forme di ricerca artistica sono vera e propria ricerca sociale, tanto quanto un certo sguardo antropologico può aiutarci a decostruire i luoghi comuni e gli stereotipi, farci vedere le cose da un punto di vista inconsueto, come spesso fanno gli artisti. Quello che hanno in comune una certa antropologia e un certo modo di fare arte è dunque fondamentalmente un approccio critico e defamiliarizzante. Possiamo usare questo sguardo in molti modi, esercitandolo in diversi contesti.
Il focus del corso è relativo al modo in cui organizziamo e rappresentiamo le nostre memorie difficili individuali e collettive nello spazio intimo (le nostre case, stanze, automobili, cassetti, pagine) e nello spazio pubblico (odonomastica, monumenti, memoriali, musei). Tra le memorie difficili, uno specifico case study è dedicato al colonialismo, alla (mancanza di) consapevolezza delle eredità culturali del colonialismo italiano in molti luoghi della nostra quotidianità (dalle rappresentazioni nella comunicazione visuale e di massa, all’odonomastica e le architetture delle nostre città, alle politiche sulle migrazioni) e a come possiamo ri-elaborare e ri-mediare queste memorie. Nello specifico, il corso si interroga intorno al luogo museo, in particolare intorno ai musei etnografici, ma non solo: lo sguardo non può non allargarsi in generale al patrimonio e agli spazi pubblici, compresi monumenti e architetture. La questione intorno alla quale ci interrogheremo è: cosa vuol dire decolonizzare questi spazi? È possibile farlo? Che ruolo possono avere le arti e le pratiche educative in questo processo?
L’esame verrà svolto in forma orale. Nonostante Antropologia dell’arte sia un corso teorico, chi vuole può sperimentare per l’esame un progetto a partire dai temi trattati e dai testi in programma. Considero l’esame stesso parte dell’esperienza formativa, non staccata dal corso. Per me hanno entrambi come obiettivo innanzitutto l’acquisizione di coscienza, autonomia e senso critico da parte delle studentesse e degli studenti, nell’auspicio che l’esperienza formativa che vivremo in aula sarà lo spazio di possibilità più radicale. Quindi, così come il corso, anche l’esame non sarà “scolastico”. Se il corso intende fornire i concetti e gli strumenti (la cassetta degli attrezzi) per pensare e guardare dal punto di vista dell’antropologia, l’esame è il momento in cui lo studente e la studentessa sono chiamatx a utilizzare quegli strumenti, dopo averli fatti propri attraverso lo studio. Dunque verrà chiesto alle studentesse e agli studenti di portare all’esame un proprio percorso di approfondimento a partire dai testi e dagli argomenti del corso, applicando gli strumenti appresi, nell’analisi di un oggetto di studio a loro scelta. Questo perché intendo lo studio prima di tutto come un atto di responsabilità e di scelta dello studente e della studentessa, (auspicabilmente) un’esperienza condivisa di piacere, proprio perché porta all’esercizio della propria coscienza e del proprio senso critico, in una profonda reciprocità fra tutte le persone che fanno parte del gioco, compresa la docente. Tutto il corso (compresa la scelta dei testi d’esame) è volto a sollecitare la responsabilità di scegliere, da parte di ciascunx, nella convinzione che, come scriveva Michel Foucault, “il sapere non è fatto (solo) per comprendere, ma per prendere posizione”.
Per la BIBLIOGRAFIA dell'esame consultare il powerpoint di presentazione del corso oppure contattarmi via mail.