1799-1860

decennio francese e restaurazione borbonica

Nel 1799, con l’entrata a Napoli delle truppe francesi e con la conseguente chiusura delle Scuole per quattro lunghi anni, il progetto di Tischbein subì un arresto, eppure le sorti dell’Accademia seguivano, pur idealmente, i nuovi corsi storici nel dibattito tra artisti ed intellettuali. Così, quando furono riaperte le Scuole, nel 1803, la ripresa ebbe carattere di continuità.

Durante il decennio francese e dopo la seconda restaurazione borbonica, fino alla morte di Ferdinando I (1825), l’assetto didattico e amministrativo vide due fondamentali momenti di riforma: la prima messa in atto dal francese Jean Baptiste Wicar, nominato direttore da Giuseppe Bonaparte su suggerimento di Canova, che orientò l’Istituzione all’estetica neoclassica grazie a una serie di norme (1808-09), alla nomina di nuovi artisti, all’istituzione di mostre, premi e concorsi e alla formazione di un nucleo di testi e copie dall’antico (che confluiranno rispettivamente nella biblioteca e nella gipsoteca); la seconda condotta dal 1815, che non cancellò le esperienze acquisite nel periodo murattiano, sebbene mostrasse un chiaro rinvigorimento delle iniziali tradizioni. Fu, difatti, di quegli ultimi anni il piano di rinnovamento che portò il Real Istituto di Belle Arti (nuova denominazione conservata per oltre un secolo, fino al 1924) al fondamentale statuto del marzo 1822, voluto dal ministro Ruffo, affidato all’architetto Antonio Niccolini e rimasto quasi del tutto intatto sino al 1860. Nello stesso 1822 Niccolini fu nominato direttore.

Contestualmente avvennero le nomine di nuovi docenti che andarono a ricoprire le cattedre dei dieci Studi (ex Scuole) in cui si riordinò l’Istituto, tra questi: architettura, prospettiva, incisione, disegno, pittura, ornato e scultura; a quest’ultimo, sino al 1847, era affidato anche il restauro delle statue del Museo. Compito, invero, che gli scultori dell’Accademia avevano da sempre ricoperto, sin dalla sua fondazione, e in particolare grazie all’attivazione, nel 1809, di una vera e propria Scuola di Restauro aperta a pittori e scultori. Inoltre, uno Studio a sé - e tra i primi d’Europa - era destinato alla Pittura di Paesaggio, dal 1824 al ’37 retto dall’olandese Anton Sminck Pitloo; mentre la Scuola di Scenografia, fondata nel 1816 sotto la giurisdizione della Soprintendenza ai Teatri e retta da Niccolini, passava all’Istituto nel 1850.

Ulteriore novità fu l’ideazione delle Biennali borboniche, istituite nel 1825, sotto Francesco I, per incoraggiare gli artisti.

Nel decennio che precedette la fine del Regno non si apportò alcuna novità per rinnovare i caratteri, ormai anacronistici, dell’ordinamento didattico, eppure tra i giovani artisti un’esigenza di rinnovamento si faceva sempre più necessaria: già nel settembre 1860 gli allievi dell’Accademia si erano rivolti a Garibaldi perché si attuasse una riforma.