il ventennio

l’Accademia nel ventennio fascista

Durante il ventennio fascista, per quanto giungessero a Napoli professori da tutta Italia, come Emilio Notte, Lelio Gelli e molti altri ancora, l’Accademia - dove si tennero non poche retrospettive e alcune delle più significative Sindacali, essendo ormai l’unica istituzione che aveva dato vita in città ad una Galleria d’arte moderna - fu percepita come il luogo della tradizione, e molti artisti scelsero di formarsi al di fuori delle sue aule. Intanto, proprio dall’Accademia provenivano quanti erano chiamati a dare un nuovo volto alla città di quegli anni, attraverso i cantieri della Stazione Marittima o della Mostra d’Oltremare, come Franco Girosi, Giovanni Brancaccio, Edoardo Giordano e Notte. Maestri dell’Accademia erano pure i restauratori del Gabinetto di Pinacologia e Restauro del Museo Nazionale, nato nel 1932 come primo organo tecnico ministeriale preposto alla conservazione delle opere d’arte, interno al Ministero dell’Educazione Nazionale e antesignano dell’ICR.

Con la caduta del regime, trasformata in Ospedale militare nell’ottobre ’43, l’Accademia subì numerosissimi danni e fu costretta a interrompere la sua attività per un biennio, ritornando alla normalità solo nel ’49, quando le Scuole di Pittura, Decorazione, Scultura e Scenografia si ripopolarono di allievi. Gli spazi dedicati all’Incisione, completamente distrutti, furono ricostruiti ex novo.